Quella di
Paolo e Francesca è una storia che da sempre ha appassionato studiosi di ogni
epoca e luogo e dalla quale molti scrittori, poeti, musicisti e pittori hanno
tratto ispirazione. Solo per citarne alcuni, troviamo rappresentate le gesta
dei due innamorati nelle opere del Petrarca e del Boccaccio, di D’annunzio, ma
anche di Rachmaninov, di Ciaikowsky e poi di Scheffer, di Rossetti, di Cassioli.
Celebre è il
V canto dell’Inferno di Dante Alighieri che ha per protagonisti proprio i due
sventurati amanti, costretti nel girone dei lussuriosi e che a un’infinita
pietà muovono il poeta.
La scarsità
di documenti ufficiali e forse proprio questo abbondante apporto alla vicenda
da parte di artisti, che quasi mai si limitano a riportare la semplice cronaca
e, anzi, fanno sovente ricorso alla creatività, hanno contribuito a trasformare
la storia in un’affascinante leggenda avvolta nel mistero.
E’ il 1275
quando Guido da Polenta, Signore di Ravenna e Cervia, decide di concedere la
mano di sua figlia Francesca a Giovanni Malatesta, detto Gianciotto.
Non sono
chiare le motivazioni che portarono Guido a questa decisione: alcuni sostengono
che l’abbia fatto per instaurare una pace duratura e sanare vecchi screzi tra
le due famiglie, ma, più probabilmente, le nozze si possono intendere quasi
come una ricompensa per l’aiuto che Gianciotto e i Malatesta apportarono ai Da
Polenta nel combattere i Traversari, loro nemici, per il dominio di Ravenna.
Benché lo
sposalizio dovesse ancora essere celebrato, già si poteva intendere come, per
Francesca, questo non fosse baciato dalla luce di una buona stella: non solo
Giovanni possedeva un brutto carattere e pessime maniere, ma era anche molto
più vecchio di lei ed era nato con una malformazione fisica che gli valse
appunto l’appellativo di Gianciotto, nomignolo che ricorre anche in documenti
ufficiali e che ai giorni nostri
potrebbe essere inteso come Giovanni Zoppo.
Prima di
essere un matrimonio, fu un inganno: si racconta che Guido da Polenta, alle
voci che lo accusavano di accompagnare male la sua figliola, rispose che se
questa avesse visto lo sposo soltanto a cose fatte, non avrebbe potuto far
altro che accettare la situazione. E la
realtà non fu molto diversa.
Per evitare
il possibile rifiuto di Francesca, le due potenti famiglie pensarono di mandare
a Ravenna Paolo il bello, uomo piacevole e dai modi cortesi, fratello minore di
Gianciotto. A quanto si narra, una damigella esortò Francesca a guardare fuori
da una finestra e le disse, accennando a Paolo che si trovava a passare poco
distante, che quello sarebbe stato suo marito. Ed è così che la giovane figlia
di Guido, ancora poco più che quindicenne, pronunciò a distanza di pochi giorni
il suo sì, senza sapere, cioè, che Paolo la sposava per procura, ossia a nome e
per conto di Gianciotto. Si può quindi immaginare lo stato d’animo della bella
Francesca quando il giorno seguente conobbe il vero marito.
Non potendo
fare altro, e come predetto dal padre Guido, la ragazza si rassegnò al
matrimonio e qualche tempo dopo ebbe una figlia che chiamò come sua suocera:
Concordia. Dal momento che Giovanni Malatesta esercitava la funzione di Podestà
in quel di Pesaro e vi si doveva recare ogni mattina, aveva scelto come dimora per
sé e la sua famiglia la Rocca di Gradara, non più distante di una mezz’ora a cavallo.
Anche Paolo,
che aveva dei possedimenti nei pressi di Gradara, dovette di sovente sostare al
castello per far visita al più anziano dei Malatesta, a quel genitore che
Dante, nella Commedia, chiama “Mastin Vecchio”. I più romantici sostengono che
la presenza frequente dell’aitante Paolo presso la rocca fosse in realtà dovuta
al senso di colpa di costui per essersi prestato all’inganno ai danni della
bella cognata. E Francesca, donna spesso sola per via delle continue assenze
del consorte, avrà certo gradito quelle giornate trascorse in compagnia.
Si racconta
che i due si intrattenessero con la lettura che spiega l’amore tra Ginevra e
Lancillotto e che questa li avvicinò così tanto da far incontrare un giorno in
un bacio le loro labbra. E il bacio di un giorno divenne amore eterno.
E’ con tutta
probabilità il 1289 quando qualcuno, forse un servo o più presumibilmente il
terzo fratello Malatesta, Malatestino dell’occhio, così chiamato perché aveva
un occhio solo, scoprì gli incontri segreti tra Paolo e Francesca e ne informò
il rude Gianciotto.
Quest’ultimo,
la mattina seguente, finse solamente di partire per Pesaro e, rientrato al
castello per un passaggio segreto, sorprese i due amanti. Accecato da gelosia e
rabbia estrasse la spada e fece per colpire il fratello Paolo. Francesca per
salvare l’uomo amato gli si parò dinnanzi, ma Gianciotto non usò pietà e li
finì entrambi.
L’omicida morì a sua volta nel 1304 presso il Castello di Scorticata, l’odierna Torriana, per mano dei nipoti, figli del fratello che aveva assassinato.
Ma non è tutto, la leggenda si tinge ancor più di mistero, quando nel 1760,durante dei lavori di sterro, venne rinvenuto un sarcofago romano che sembra contenesse il corpo di Francesca. L'anima della povera ragazza, a quel che invece si racconta, sembra aggirarsi ancora inquieta, durante le notti di luna piena, lungo gli antichi camminamenti del castello.
L’omicida morì a sua volta nel 1304 presso il Castello di Scorticata, l’odierna Torriana, per mano dei nipoti, figli del fratello che aveva assassinato.
Ma non è tutto, la leggenda si tinge ancor più di mistero, quando nel 1760,durante dei lavori di sterro, venne rinvenuto un sarcofago romano che sembra contenesse il corpo di Francesca. L'anima della povera ragazza, a quel che invece si racconta, sembra aggirarsi ancora inquieta, durante le notti di luna piena, lungo gli antichi camminamenti del castello.